Conclusa la nostra passeggiata tra le specialità gastronomiche europee, cibi da assaggiare obbligatoriamente in viaggio ma anche souvenir originali per parenti e amici, certo non posiamo la valigia! Giusto il tempo di disfarla e riempirla di parei e abitini leggeri anti umidità e siamo prontissimi per continuare il tour, attraversando miglia di nuvole e di cielo giungendo fino in Asia.
Innanzitutto armatevi di bacchette ed esercitatevi: vi serviranno quasi dappertutto.
Partiamo dalla Cina: naturalmente, in un territorio così vasto sono presenti tantissimi tipi di cucina regionale, ognuno con le sue caratteristiche e specialità. Va da sé che quindi questo sarà un riassunto degno delle scuole elementari e non un elenco neanche lontanamente esaustivo.
Non mancheranno alcuni grandi classici da “ristorante cinese” come gli involtini primavera, le nuvolette di drago, il riso alla cantonese e il pollo alle mandorle (o funghi e bambù). Fidatevi però: anche i cibi già sperimentati in zona Paolo Sarpi vi sorprenderanno con varianti e sapori inaspettati se consumati direttamente sul suolo più popolato al mondo.
Assaggiate i Baozi, panini cotti al vapore ripieni di maiale arrosto che vengono venduti come street food da numerosissimi ambulanti e consumati principalmente a colazione; la cottura al vapore serve anche per i Jiaozi, i ravioli cinesi ripieni di pesce o carne speziati, diffusi anche in Giappone e in Corea.
La chicca da non perdere? I noodles volanti della catena Hai Di Lao, 75 punti vendita in Cina: una vera e propria esibizione di intrattenimento nella quale un “noodle master” (abilitato al ruolo dopo aver frequentato un corso della durata di 4-6 mesi) si esibisce in una danza necessaria a ricavare, da palline di impasto, i popolari spaghettini.
Partiamo dal presupposto che il Giappone non è (solo) sushi: per scoprire davvero la tradizione culinaria giapponese, via libera quindi all’assaggio di tanti altri piatti meno noti ai più. Ad esempio, esistono infinite varianti di okonomiaky (di cui è lotta per la paternità tra Osaka e Hiroshima), la cui etimologia significa proprio “ciò che vuoi” (okonomy) “cotto alla piastra” (yaki): una pastella di uova, acqua, farina e verza tagliata sottile, da arricchire con carne o pesce e guarnire con scaglie di tonnetto secco affumicato, alghe e una salsa dal retrogusto dolce.
Per gli amanti dei primi piatti, soba (sottili spaghetti di grano saraceno) e udon (noodle integrali di grano) vengono serviti sia alla piastra che in brodo; si possono gustare inoltre le tagliatelle dell’ormai super trendy ramen.
Le tempura, fritture super leggere e croccanti preparate grazie a una pastella di farina di riso e acqua lavorate insieme per qualche secondo con le bacchette, possono essere di verdure, pesce e (più raramente) carne, come il tonkatzu.
Meno noti i Takoyaki, polpette tonde di polipo tipiche di Osaka, tra i più iconici street food della cucina giapponese.
Se come me non siete proprio stoici nella tolleranza del piccante, sappiate che in Thailandia avrete il vostro bel da fare. I piatti di questa cucina infatti sono piuttosto leggeri e vengono pertanto enfatizzati da un uso intenso di spezie ed erbe aromatiche anche molto piccanti: sperimenterete coriandolo, zenzero, curry, chili, lemongrass e tanti altri profumi inconfondibili.
Nel Pad Thai trovate un compendio dei sapori della cucina tailandese: tagliatelle di riso saltate in padella con arachidi, uova, tamarindo e salsa di pesce che possono essere accompagnate a pollo e gamberetti. Altro piatto dalla diffusione massima è il Khao Pad, riso fritto in una wok rovente, arricchito talvolta con gamberi o carne macinata.
Non mancano zuppe e stufati di pesce o carne, resi super golosi grazie al latte di cocco e, da ultimo, potrete deliziarvi grazie a moltissime varietà di frutta: mango, guava, litchies, rambutan, papaya, dragon fruit (il mio preferito), ananas.
Una curiosità: molto diffuso è anche il durian, un frutto che emana un odore così intenso e fastidioso, simile al gas, tanto da percepirsi chiaramente a diverse decine di metri di distanza; a Singapore è vietato portarlo su taxi, mezzi pubblici e nelle camere d’albergo.
Dicono che i frutti siano cremosi e dolci, io non ho mai avuto il coraggio di avvicinarmici per sperimentare (se ripenso a quando ci sono passata di fianco, ingenuamente, al supermercato ho ancora la nausea… e dire che era imballato in strati e strati di cellophan!)
Altro crocevia di spezie e profumi è senza dubbio alcuno l’India.
A farla da padrona in cucina è il tandoor, tipico forno d’argilla adatto a cotture brevi con temperature molto elevate (può arrivare fino a 400°). Si usa per cuocere piatti di verdure (molto diffuse qui le preparazioni vegetariane data la venerazione per la mucca, considerata animale sacro, simbolo della vita e della reincarnazione), carne di pollo/agnello e anche il pane. A questo proposito, amanti del pane sfregatevi le mani: impazzirete sia per il naan (simile alla pita) che per il chapati (una sorta di piadina).
I condimenti principali sono i chutney, salse agrodolci a base di frutta o verdura, e i raita, salse a base di yogurt e verdure (quella alla menta è fenomenale – e lo dico io che in geenrale non ne vado pazza!).
Una breve panoramica infine di tre stati che forse, a un primo pensiero, non annovereremmo tra i Paesi asiatici per eccellenza ma che sono in realtà meta di molti vacanzieri.
In Arabia Saudita il piatto tradizionale è il kabsa, riso basmati mescolato con il brodo del pollo cotto al forno, spezie, uvetta, mandorle e datteri – i re della tavola. Oltre a essere utilizzati nei piatti di portata vengono consumati come spuntino o a colazione; addirittura, dal loro succo si può ricavare una bevanda preziosa, servita durante gli eventi di festa e considerata alla stregua del nostro chamapagne (anche perché qui, ricordate, il consumo d’alcool è severamente vietato).
La cucina di Israele è ricca di opzioni golose e difatti è una delle mie preferite in assoluto: le falafel, polpettine a base di legumi (tipicamente ceci o fave) da friggere e tuffare nella super calorica e deliziosa salsa tahina, derivata dai semi di sesamo bianco; l’hummus, una crema di ceci condita olio di oliva, succo di limone, sale, aglio, paprika, cumino, prezzemolo tritato e – anche in questo caso – tahina; la shwarma, street food molto popolare simile al kebab, ovvero fettine di carne, pollo o agnello tagliate direttamente da un girarrosto al momento di essere servite.
Come fine pasto, alto tenore calorico anche per l’halva, dolce a base di semi di sesamo lavorati con zucchero e miele fino a ottenere una pasta poi arricchita di pistacchi, cacao, semi o altra frutta secca; compattata sotto forma di grosso torrone, viene venduta a fette o in vaschetta e si conserva a lungo.
In Russia non perdetevi i blinis, piccoli pancake da guarnire con panna acida e caviale o salmone affumicato (a volte consumati anche nella versione dolce, con confettura e ricotta).
Se le temperature lo consentono, ordinate una ciotola di Borscht, zuppa rossa brillante preparata con barbabietole, cavolo, carne di manzo e patate.
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